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Visualizzazione dei post da ottobre, 2021

Vetrablot

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  Siamo arrivati al Blót d'Inverno, Vetrablót, Vinterblót, nella tradizione nordica, alla festa della Notte d'Inverno, Winternacht. Nelle saghe nordiche sono spesse volte ricordate le festività delle Vetrnætr, le Notti d'Inverno, fra le maggiori feste pagane, che si svolgevano in Ottobre. Nella tradizione celtica essa è nota come Samhain, la festa di inizio Inverno, da cui deriva anche la più recente ricorrenza di Halloween. Il mese che inizia è quello di Novembre, che nell'antico calendario anglosassone è noto come Blótmonaþ, il mese dei sacrifici. Il Sole, dopo essere entrato nella metà oscura dell'anno nell'Haustblót, nell'Equinozio di Autunno, scende verso le tenebre invernali, sino a Yule, a Jól, il Solstizio d'Inverno, in cui toccherà il suo punto più basso. La ricorrenza si caratterizza come Festa dei Morti, come celebrazione degli Antenati e come celebrazione dei luminosi Elfi. Il velo fra il mondo terreste e quello sovrannaturale in questa ricor

L'antica festa dei Morti

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  Queste festività erano due, a distanza di sei mesi l'una dall'altra. Una si celebrava la vigilia del primo maggio, l'altra la vigilia di Ognissanti, cioè il 31 ottobre. Come ha giustamente sottolineato un colto e acuto scrittore, questi particolari periodi dell'anno, pur presentando relativamente poca importanza per il contadino europeo, ne hanno invece moltissima per il pastore, è all'inizio dell'estate infatti che egli conduce le sue greggi all'aperto, a brucare l'erba tenera e verde, ed è all'approssimarsi dell'autunno che le riporta al sicuro rifugio delle stalle e degli ovili. Anche nell'Europa centrale, ben lontana dalla regione oggi occupata dai Celti, si rintraccia un'analoga divisione dell'anno nella grande popolarità di cui godono, da un lato, il primo maggio e la sua vigilia (la notte di Valpurga) e dall'altro la festa di Ognissanti all'inizio di novembre che sotto un tenue manto di cristianità, nasconde un'an

Hagalaz

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  Hagall er kaldakorn ok krapadrífa ok snáka sótt. La grandine è un chicco freddo e una doccia di nevischio e il male dei serpenti. Poema runico islandese Hægl byþ hwitust corna; hwyrft hit of heofones lyfte, wealcaþ hit windes scura; weorþeþ hit to wætere syððan. La grandine è il più bianco dei chicchi; è fatto vorticare dalla volta del cielo ed è lanciato in giro da raffiche di vento e poi si scioglie in acqua. Poema runico anglosassone

Verden

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  In ricordo della strage di Verden, avvenuta nell'ottobre del 782 dell'era volgare. Noi non dimentichiamo. Quando udì questo, il signore re Carlo si precipitò verso un luogo dove poté riunire quante più truppe poteva con un breve preavviso e avanzò là dove l'Aller si getta nel fiume Weser.  Allora (Carlo) fece riunire tutti i Sassoni catturati nei dintorni e fatti prigionieri sospettando che tra di essi vi fosse chi aveva sobillato le rivolte ne mise a morte 4500. Annales Regni Francorum

La poesia

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  Því kollum vér skáldskapinn feng Óðins ok fund ok drykk hans ok gjof hans ok drykk ásanna. Per questo noi chiamiamo la poesia «conquista di Óðinn», «scoperta di Óðinn», «bevanda di Óðinn», «dono di Óðinn» o «bevanda degli Æsir». Edda, Skáldskaparmál 6, Snorri Sturluson (Immagine: Óðinn e Gunnloð, Johannes Gehrts)

Andrea Meyer

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In memoria di Andrea Meyer, musicista tedesca, poetessa e ricercatrice dell'antica cultura pagana europea, uccisa qualche giorno fa a tradimento a Kongsberg da una mano fanatica. Fra i suoi progetti musicali: Aghast, Hagalaz' Runedance e Nebelhexë. Non ti dimenticheremo.

Sjofn

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  Sjaunda Sjofn, hon gætir mjok til at snúa hugum manna til ásta, kvenna ok karla. Af hennar nafni er elskuginn kallaðr sjafni. La settima è Sjofn, la quale si occupa principalmente di indurre l'animo delle persone all'amore, sia uomini che donne, e dal suo nome il sentimento amoroso è chiamato sjafni. Edda, Gylfaginning 35, Snorri Sturluson

La lontananza del Soma

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  Quanto più penetravano nell'immensa pianura del Sindhu, tanto più gli Arya voltavano le spalle al soma, la pianta inebriante che cresceva solo sulle montagne. Dal soma avevano tratto la forza e la visione, sullo slancio di quella forza e di quella visione stavano conquistando qualcosa che gli avrebbe tagliato l'accesso al soma, se non nel ricordo. Persisteva un altro paesaggio nella loro mente. Una patria nordica, dalle lunghissime notti, dalle aurore prodigiose. Quella era la terra dove si manifestava la verità. Ogni conquista era un accampamento provvisorio, sempre più lontano dal luogo del significato, utile soltanto per rinnovare la memoria. Custodirono e nutrirono quel ricordo con tenacia, nei gesti e nelle parole, mentre già vivevano in luoghi dove la durata dei giorni non variava molto. Ogni apparizione della bellezza, della seduzione e dello splendore si irradiava per loro da un'aurora ormai dileguata di là dalle montagne, verso il nord. Roberto Calasso, Ka

Wunjo

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  Wenne bruceþ, ðe can weana lyt sares and sorge and him sylfa hæfþ blæd and blysse and eac byrga geniht. La gioia è appannaggio di colui che conosce pochi turbamenti dolori o rimorsi e che ha prosperità, felicità suprema e una dimora sufficientemente buona. Poema runico anglosassone

Pellicce di lupi

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  Essi si chiamano pellicce di lupi, coloro che in combattimento portano delle rondacce insanguinate e tingono di rosso le lance quando s'avanzano alla battaglia, sono impegnati là di concerto, agli uomini valorosi, ad essi soli, lo so, si affida così il sovrano accorto: a coloro che portano i colpi sugli scudi. Fagrskinna

Erik il Rosso

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  Oggi commemoriamo Erik il Rosso, condottiero e navigatore, seguace degli Dèi, fondatore della colonia norrena di Groenlandia. La moglie e il figlio si convertirono al cristianesimo, lui invece rimase fedele all'antica religione degli antenati sino alla morte.

Il fuoco nel Mahabharata

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  Il fuoco esiste solo distruggendo il combustibile che lo fa vivere, consumando l'oblazione. Tutto l'universo, cosciente e inconscio, non è che fuoco e oblazione. Mahabharata, Shanti parvan 338, 52

Afrodite

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  O Musa, dimmi le opere di Afrodite d'oro, dea di Cipro, che infonde il dolce desiderio negli dei e domina le stirpi degli uomini mortali, e gli uccelli che volano nel cielo, e tutti gli animali, quanti, innumerevoli, nutre la terra, e quanti il mare. Inno omerico ad Afrodite 

Spiga

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  Spiga. È  frutto della divina ierogamia del cielo e della terra, seme pronto al sacrificio per nutrire gli uomini e dar vita ad altre piante. Rappresenta perciò la forza del cielo unita a quella della terra e resa disponibile. Nel mito nordico la spiga è ricordata per il suo potere contro i sortilegi, cioè contro l'opera delle forze oscure, così come ingrediente per la coppa dell'oblio nella quale è acquietato ogni dolore. I miti nordici, Gianna Chiesa Isnardi