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Visualizzazione dei post da ottobre, 2020

Vetrablót

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  Siamo arrivati al Blót d'Inverno, Vetrablót, Vinterblót, nella tradizione nordica, alla festa della Notte d'Inverno, Winternacht. Nelle saghe nordiche sono spesse volte ricordate le festività delle Vetrnætr, le Notti d'Inverno, fra le maggiori feste pagane. Nella tradizione celtica essa è nota come Samhain, la festa di inizio Inverno, da cui deriva anche la più recente ricorrenza di Halloween. Il Sole, dopo essere entrato nella metà oscura dell'anno nell'Haustblót, nell'Equinozio di Autunno, scende verso le tenebre invernali, sino a Yule, a Jól, il Solstizio d'Inverno, in cui toccherà il suo punto più basso. La ricorrenza si caratterizza soprattutto come Festa dei Morti, come celebrazione degli Antenati e come celebrazione dei luminosi Elfi. Il velo fra il mondo terreste e quello sovrannaturale in questa ricorrenza è difatti sottilissimo. Buona Festa a tutti.

Ask veitk standa

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  Ask veitk standa, heitir Yggdrasill hár baðmr, ausinn hvíta auri; þaðan koma doggvar þærs í dala falla; stendr æ of grænn Urðar brunni. So che un frassino s'erge chiamato Yggdrasill, alto albero asperso di bianca argilla. Di là viene la rugiada che cade nella valle, si erge sempre verde su Urðarbrunnr. Edda, Voluspá, 19

L'oracolo di Dodona

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  Molti sono gli oracoli della Grecia e della Magna Grecia;  ma il più antico è quello di Zeus a Dodona. Nei tempi passati due nere colombe si alzarono in volo da Tebe d'Egitto; l'una giunse ad Ammone in Libia, l'altra a Dodona; ambedue si posarono su una quercia che  proclamarono essere un oracolo di Zeus. A Dodona, le sacerdotesse interpretano il tubare delle colombe o il frusciare delle foglie di quercia o il tintinnio dei vasi di bronzo appesi ai rami. Robert Graves, I miti greci

Swylce ic wæs on Eatule

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  Swylce ic wæs on Eatule      mid ælfwine, se hæfde moncynnes,      mine gefræge, leohteste hond      lofes to wyrcenne, heortan unhneaweste      hringa gedales, beorhtra beaga,      bearn Eadwines. I was in Italy      with Alboin too: of all men he had,      as I have heard, the readiest hand      to do brave deeds, the most generous heart      in giving out rings and shining torcs,      Audoin's son. Widsith, 70-74 (Immagine: Alboin entra in Pavia)

Il fuoco come elemento

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  Il fuoco è innanzitutto (e in questo è detto corrispettivo del calore, del secco e del Sud) uno degli elementi da cui ebbe origine il mondo. La sua dimora è in Muspell, luogo dove abita Surtr, gigante del fuoco per eccellenza: egli nell'ultimo giorno incendierà la terra. Nella cornice del tempo, il fuoco si trova dunque all'inizio e alla fine, il che ne sottolinea la qualità di elemento primordiale indispensabile alla vita. Il fuoco è dunque calore vitale, purificazione, rigenerazione, sublimazione, amore: è perciò fonte di fecondità e di conoscenza illuminante. Nelle parole di Odino è detto: il fuoco è la cosa migliore per i figli degli uomini e la vista del sole, la propria salute se la si abbia vivere senza macchia. La ricchezza della simbologia legata al fuoco spiega l'importanza del focolare della casa, al quale non è evidentemente legata soltanto una funzione economica e sociale,  bensì anche la concezione religiosa della vita.   Il fuoco come immagine della luce e

Sigrdrifa disse

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  Sigrdrifa disse: "Birra ti porgo o melo dell'accolta di corazze mischiata a virtù di potenza e a gran fama colma d'incantesimi e di segni propizi di buone magie e di rune di gioia. Rune di vittoria dovrai conoscere, se vittoria vuoi avere, e inciderle sull'elsa della spada; alcune sul taglio, altre sulla punta e per due volte invocare Tyr." Edda, Sigrdrífumál, 5-6

La stirpe degli Eroi

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  Poi, dopo che la terra ebbe nascosto anche questa stirpe, sopra la terra feconda Zeús Kronídes creò di nuovo una quarta stirpe divina, più giusta e migliore, di uomini-eroi, detti semidèi, che venne prima della nostra generazione sulla terra infinita. La guerra malvagia e la battaglia terribile li distrusse, alcuni a Thêbai dalle sette porte, nella terra di Kádmos, combattendo per le greggi di Oidípous, altri poi sulle navi che al di là del grande abisso del mare vennero condotti a Troía, a causa di Heléne dalle belle chiome. Accadde che là alcuni di essi li avvolse un destino di morte; altri il padre Zeús Kronídes li pose ai confini della terra, lontano dagli uomini, dando loro una dimora e i mezzi per vivere: lontano dagli immortali, essi hanno Krónos per re. Essi abitano, con il cuore lontano da affanni, presso Okeanós dai gorghi profondi: felici eroi, per i quali il suolo fecondo produce un raccolto fiorente e abbondante per tre volte l'anno. Esiodo, Érga kaì Hemérai 156-173

Offa weold Ongle

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  Offa weold Ongle,      Alewih Denum; se wæs þara manna      modgast ealra, no hwæþre he ofer Offan      eorlscype fremede, ac Offa geslog      ærest monna, cnihtwesende,      cynerica mæst. Offa ruled the Angles,      Alewih the Danes; he was among all men;      the bravest, but was not braver than Offa,      because the noble Offa conquered,      before he was a man, in battle      most of his kingdom. Widsith, 35-39

Hrafnar tveir sitja

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Hrafnar tveir sitja á oxlum honum ok segja í eyru honum oll tíðindi þau er þeir sjá eða heyra, þeir heita svá: Huginn ok Muninn.  Þá sendir hann í dagan at fljúga um allan heim ok koma þeir aptr at dogurðarmáli.  Þar af verðr hann margra tíðinda víss.  Því kalla menn hann hrafnaguð, svá sem sagt er: Due corvi stanno sulle sue spalle e nell'orecchio gli raccontano tutte le le cose che vedono e odono.  Si chiamano Huginn e Muninn.  Durante il giorno, [Óðinn] li manda a volare per tutto il mondo ed [essi] tornano al dogurðarmáli.  In questo modo egli è al corrente di molte cose.  Perciò gli uomini lo chiamano Hrafnaguð, così come qui è detto: Huginn ok Muninn fljúga hverjan dag jormungrund yfir. Óttumk ek Hugin at hann aptr komi, þó sjámk ek meir um Munin”. Huginn e Muninn volano ogni giorno sopra la vasta terra. Paura ho che Huginn indietro non ritorni, sebbene ancor più tema per Muninn”. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 38

La tripartizione dell'anima e i tre Guna

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  "Proprio come lo stato è diviso in tre sezioni, ogni anima individuale è similmente divisa in tre parti", ci dice Platone. una è il principio della conoscenza, la seconda dell'ardore; "quanto alla terza", prosegue Platone, "ha così tante forme svariate che non siamo riusciti a trovare un unico nome per essa"; è complessa quanto la terza funzione a cui corrisponde. Nell'individuo, così come nella società, la seconda funzione dovrebbe essere soggetta alla prima e la terza alle altre due. Come ha dimostrato Dumézil, questa divisione psicologica tripartita si rinviene nella stessa India. Nel Samkhya classico si distinguono tre Guna (qualità o elementi costitutivi): Sattva "principio luminoso, purezza", Rajas "principio rosso, attività" e Tamas "oscurità, inerzia" che corrispondono alla triade Dharma "legge", Kama "desiderio", Artha "interesse". Jean Haudry, Gli Indoeuropei

La lotta fra Beowulf e il drago

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  Alzò la mano, il signore dei Geati, colpì l'Orrore lucente con la spada ancestrale, tanto che il filo lucido scivolò, su quell'osso, e morse meno forte di quanto sarebbe servito, in quel pericolo, al re della nazione, schiacciato dalle difficoltà. Intanto, era sconvolta, dopo quel colpo di guerra, la mente del guardiano del tumulo. Eruttò un fuoco di morte:  corsero dappertutto le fiamme di battaglia. Beowulf, 35

Ullr

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  Ullr si chiama un áss, figlio di Sif e figliastro di Þórr.  È un arciere così capace, ed è così abile ad andare sugli sci, che nessuno può contendere con lui.  È anche bello d'aspetto e ha il valore di un guerriero.  È bene invocarlo nei duelli. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 31

L'ira di Achille

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  Cantami, o dea, l'ira funesta di Akhilleús Pelídes, che provocò infiniti dolori agli akhaioí e molte anime forti sprofondò nell'Áides; i loro corpi furono preda dei cani e degli uccelli: così si compiva il volere di Zeús, dal primo istante in cui una lite divise l'Atreïdes, signore dei popoli, e il divino Akhilleús.  Omero, Iliade, Libro Primo 1-7

L'acqua come elemento

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  L'acqua è scaturigine di vita. Insieme al suo opposto, il fuoco, è uno dei poli da cui ebbe origine il mondo. Le allusioni al significato primordiale dell'acqua sono numerose. Esso è sottinteso nell'immagine dei fiumi cosmici, gli Elivagar; nel ricordo delle "acque sacre" (heilög vötn) il cui scorrere viene evocato a sottolineare il momento della nascita di un eroe; nel giuramento prestato sulla "limpida acqua"; nell'uso di "battezzare" i neonati aspergendoli con acqua, un rituale cui fa riferimento Odino stesso. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici

L'azione degli Dèi

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  Hera, che sorride al figlio Efesto quando questi le porge la coppa esortandola a dimenticare il destino dei mortali ed a unirsi al giubilo dei Celesti, è la stessa che, nella contesa dei re, quando l'irato Achille sta per estrarre la spada contro Agamennone, invia Atena "perché ama entrambi e d'entrambi ha cura". Achille, arso d'ira, già sta sfoderando la spada, ed ecco Atena toccarlo alle spalle sì che egli si volge e il suo sguardo incontra gli occhi fiammeggianti della Dea che l'ammonisce a trattenersi. E l'irruente eroe ubbidisce. È il lampeggiare di un attimo. Nessun altro ha visto la Dea. Gli Dei sono dunque presenti ovunque accada, si faccia o si patisca, qualcosa di decisivo. Il lettore dell'Iliade o dell'Odissea sa che niente accade, niente riesce o fallisce, nessun pensiero importante viene concepito, nessuna decisione presa, senza che intervengano gli Dei. Walter Friedrich Otto, Theophania

Þórr

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  Disse Hár: “Þórr è tra loro il più importante, ed è detto Ásaþórr o Okuþórr.  Egli è più forte fra tutti gli dèi e gli uomini.  Suo è quel regno chiamato Þrúðvangar e la sua holl si chiama Bilskírnir.  In quella corte ci sono cinquecento e quaranta stanze, ed è la casa più grande che gli abbiano innalzato.  Così si dice nel Grímnismál:  Cinquecento stanze e ancora quaranta credo vi siano in Bilskírnir, ricca d'archi. Fra quelle case che io so avere un tetto quella di mio figlio è la più grande. Þórr ha due caproni che si chiamano Tanngnjóstr e Tanngrisnir e il carro su cui viaggia è tirato dai due caproni.  Per questo viene chiamato Okuþórr.  [Þórr] possiede altri tre tesori di grande valore.  Uno è il martello Mjollnir che i hrímþursar e i bergrisar ben conoscono quando è sollevato in aria, e non c'è da sorprendersene: esso ha frantumato molte teste fra i loro padri e congiunti.  Egli possiede anche un secondo tesoro, ancora migliore, la cintura Megingjarðar.  Quando si cing

Erste Merseburger Zauberspruch

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  Eiris sazun idisi sazun hera duoder. suma hapt heptidun, suma heri lezidun, suma clubodun umbi cuoniouuidi: Un tempo le savie idisi si posavano qua e là; alcune annodavano lacci, alcune immobilizzavano schiere, alcune davano strappi alle catene: insprinc haptbandun, inuar uigandun.  “Sorgi dai ceppi! sfuggi ai nemici!” Erste Merseburger Zauberspruch (Primo incantesimo di Merseburg)

L'età dell'oro

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  Dapprima una stirpe aurea di uomini mortali venne creato dagli immortali che hanno dimora in Ólympos. Erano i tempi di Krónos, quando egli regnava nel cielo; gli uomini vivevano come Dèi, senza affanni nel cuore, al riparo da pene e miseria; né per loro arrivava la triste vecchiaia, ma erano sempre forti nelle gambe e nelle braccia; si rallegravano nei conviti, lontano da tutti i malanni; morivano come vinti dal sonno e per loro c'erano ogni sorta di beni: la fertile terra dava spontaneamente ricchi ed abbondanti frutti; e loro, contenti e sereni, si godevano i loro beni, tra gioie infinite, ricchi di greggi e cari agli Dèi beati. Poi, dopo che la terra ebbe nascosto i loro corpi, essi divennero Daímones, per volere di Zeús grande: sulla terra, benigni, essi sono i custodi degli uomini mortali e si prendono cura della giustizia e delle azioni malvagie; vestiti di nebbia, si aggirano dovunque sulla terra, ed elargiscono ricchezza: essi ebbero questo regale onore. Esiodo, Érga kaì

Víðarr

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  Víðarr si chiama l'áss silenzioso. Calza una scarpa pesante. È forte quasi come Þórr e di lui gli dèi hanno grande fiducia per tutte le imprese più ardue. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 29 Víðarr e Vali abitano i templi degli dèi una volta spenta la fiamma di Surtr. Edda, Vafþrúðnismál, 51

Óðinn si chiama Allfoðr

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  Óðinn si chiama Allfoðr, perché è il padre di tutti gli dèi.  Egli si chiama anche Valfoðr perché sono suoi figli adottivi tutti coloro che cadono in battaglia.  A loro assegna Valholl e Vingólf e là essi si chiamano Einherjar.  Egli si chiama anche Hangaguð, Haptaguð e Farmaguð: e fu chiamato in molti modi ancora, quando giunse presso re Geirrøðr:  Fui chiamato Grímr, e Gangleri, Herjan, Hjálmberi, Þekkr, Þriði, Þuðr, Uðr, Helblindi, Hár, Saðr, Svipall Sanngetall, Herteitr, Hnikarr, Bileygr, Báleygr, Bolverkr, Fjolnir, Grímnir, Glapsviðr, Fjolsviðr, Síðhottr, Síðskeggr, Sigfoðr, Hnikuðr, Allfoðr, Atríðr, Farmatýr, Óski, Ómi, Jafnhár, Biflindi, Gondlir, Hárbarðr, Sviðurr, Sviðrir, Jálkr, Kjalarr, Viðurr, Þrór, Yggr, Þundr, Vakr, Skilfingr, Váfuðr, Hroptatýr, Gautr, Veratýr”. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 20

Vápnom sínom

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  Vápnom sínom skala maðr velli á feti ganga framarr; þvíat óvíst er at vita nær verðr á vegom úti geirs um þorf guma.  Dalle proprie armi non deve l'uomo in campo aperto allontanarsi di un passo. Perché non si può sapere quando fuori sulle strade potrà servire la lancia. Edda, Havamal, 38 (Immagine di Artigas)

Le rune

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  Le rune.  Contengono il segreto stesso dell'esistenza, poiché in ciascuna di esse è concentrata e posseduta una delle essenze fondamentali della vita e del mondo, sia essa benefica o nefasta. Hanno perciò potere creatore o distruttore. Le rune sono, prima che segni alfabetici, entità magiche vere e proprie. Di esse è detto che hanno origine divina. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici

Forseti

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  Forseti si chiama il figlio di Baldr e di Nanna figlia di Nepr.  Sua è quella corte in cielo che si chiama Glitnir.  Tutti coloro che da lui si recano per risolvere controversie, fanno ritorno riconciliati.  Quel luogo è il miglior tribunale fra gli dèi e gli uomini. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 32

Alboin

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  Alboin, deciso a partire per l'Italia con i Longobardi, chiese aiuto ai Sassoni, suoi vecchi amici, per entrare in quella vasta regione col maggior numero di uomini possibile, poiché intendeva conquistarla. E i Sassoni vennero da lui, secondo la sua volontà, più di ventimila uomini con le mogli e i bambini, per muovere con lui verso l'Italia. I Longobardi pertanto, abbandonata la Pannonia, con le mogli e i figli e ogni masserizia avanzavano in fretta verso l'Italia per stabilirvisi. Avevano abitato la Pannonia quarantadue anni; ne uscirono in aprile... Quando dunque re Alboin giunse ai confini dell'Italia con tutto il suo esercito e con una moltitudine di popolo promiscuo, ascese un monte che si innalza in quei luoghi e di lì contemplò quella parte d'Italia fin dove poté spingere lo sguardo. Per questo motivo, come si tramanda, quel monte fu allora detto del Re. Paolo Diacono, Historia Langobardorum, Libro Secondo, 6-8 (Foto: Pianura friulana vista dal Monte Mataj

La magia

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  Nel mondo nordico, l'uso della magia è attribuito tanto agli uomini quanto agli dèi. La designazione della forza dalla quale dipende l'efficacia o l'inefficacia di un'azione, così come la vita o la morte di un essere, è in antico nordico mattr (m.), e sopratutto megin (n.), parola che oltre alla "forza" indica anche la "parte essenziale" di una cosa. A quest'ultimo termine è correlato il verbo magna, che si trova di frequente a indicare l'atto di "rendere forte", cioè "efficace", mediante un rituale magico. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici

Heimdallr

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  Un altro dio si chiama Heimdallr.  È chiamato il bianco áss; è grande e venerabile.  Lo misero alla luce nove fanciulle, tutte sorelle.  È anche detto  Hallinskíði e Gullintanni, poiché i suoi denti erano d'oro.  Il suo destriero si chiama Gulltoppr.  Abita presso Bifrost, in quel posto chiamato Himinbjorg, presso Bifrost.  È il guardiano degli dèi: risiede lassù, al limite del cielo, a guardia del ponte perché non vi arrivino i bergrisar. Necessita di meno sonno di un uccello e vede ugualmente bene tanto di notte quanto di giorno, fino a cento leghe di distanza.  Ode l'erba crescere sulla terra e la lana sul dorso pecore, e tutto ciò che ha suono più alto.  Possiede quel corno che si chiama Gjallarhorn, il cui squillo si ode in tutti i mondi.  La spada di Heimdallr è chiamata «testa umana». Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 27

I Misteri di Eleusi

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  Felice chi entra sotto la terra dopo aver visto quelle cose: conosce la fine della vita, conosce anche il principio dato da Zeus. Pindaro, frammento 137 

Ein sat hon úti

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  Ein sat hon úti, þás enn aldni kom yggjungr ása ok í augu leit. “Hvers fregnið mik? hví freistið mín? Alt veitk, Óðinn, hvar auga falt í enum mæra Mímis brunni” drekkr mjoð Mímir morgin hverjan af veði Valfoðrs. Vituð ér enn eða hvat? Sola sedeva di fuori quando il vecchio giunse Yggjungr degli Æsir e la fissò negli occhi. “Che cosa mi chiedete? Perché mi mettete alla prova? Tutto so io, Óðinn, dove un occhio celasti là, nella famosa Mímisbrunnr!” Beve Mímir l'idromele ogni mattino sopra il pegno di Valfoðr. Volete saperne ancora? Valði henni Herfoðr hringa ok men; fékk spjoll spaklig ok spáganda; sá vítt ok of vítt of verold hverja.  Per lei Herfoðr scelse anelli e collane, sagge parole di ricchezza e la verga della profezia: vede lontano, lei, e oltre, in ogni mondo. Edda, Voluspá, 28-29

Teodorico

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  Dunque Teodorico lasciò la città reale e tornò dai suoi. A capo di tutto il popolo dei Goti, che allora accordarono a lui pieno consenso, si mosse verso occidente e, senza mai deviare dal suo percorso, da Sirmio risalì la vicina Pannonia. Da lì entrò nei territori delle Venezie e pose il campo presso il cosidetto Ponte sull'Isonzo. Qui, ove Teodorico volle fermarsi per un certo periodo di tempo per permettere agli uomini e ai cavalli di recuperare le forze, Odoacre inviò un esercito armato contro di lui. Teodorico lo affrontò presso i Campi Veronesi e lo debellò con grande strage di uomini. Poi, tolti gli accampamenti, con tutto il coraggio che aveva entrò nei territori d'Italia. Iordanes, Storia dei Goti 292-293

Bragi e Iðunn

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  “Bragi si chiama un dio, famoso per la sua saggezza, ma soprattutto per la sua eloquenza e abilità con le parole.  Conosce benissimo l'arte poetica, che da lui è chiamata bragr e dal suo nome viene infatti chiamato bragr karl, se uomo, o bragr kvenna, se donna, chi possieda un'eloquenza superiore agli altri.  Sua moglie è Iðunn, che conserva nel suo scrigno di frassino le mele che gli dèi, quando invecchiano, devono mangiare per poter tornare tutti giovani, e così sarà sempre, fino al ragnarøkkr”. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 27

Il sacrificio

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  Si osservi: i termini blotgodhi, blotgydhja designano il sacerdote e la sacerdotessa sacrificanti, blotgudh è la divinità a cui il sacrificio viene innalzato. Nella lingua si rispecchia la bivalenza delle figure. Gli antichi dèi per insegnare agli uomini la vera religione offrono sacrifici. Ma a chi se non a se stessi poiché essi stessi sono i veri dèi? Gianna Chiesa Isnardi, Introduzione alla Ynglinga saga (Immagine del tempio di Uppsala)

Njorðr e Skaði

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  Il terzo áss è chiamato Njorðr.  Egli abita in cielo, nel luogo chiamato Nóatún.  Governa il corso dei venti e placa il mare e il fuoco.  È lui che si deve invocare per navigare e per cacciare.  Egli è così opulento e prospero che può generosamente donare terre e armenti, ed è per questo che lo si invoca.  Njorðr non è della stirpe degli Æsir.  È stato allevato nel Vanaheimr, ma i Vanir lo diedero in ostaggio agli dèi e presero in cambio in ostaggio colui che si chiama Hoenir.  Egli fu il simbolo di riconciliazione fra gli dèi e i Vanir.  Njorðr ha in moglie la donna chiamata Skaði, figlia del gigante Þjazi.  Skaði vuole abitare nella dimora che ricevette da suo padre, che si trova fra certe montagne, nel luogo chiamato Þrymheimr, ma Njorðr vuole stare vicino al mare.  Essi stabilirono che sarebbero stati per nove notti a Þrymheimr e altre nove in Nóatún. Snorri Sturluson, Edda, Gylfaginning 23

Odhinn, mago supremo

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  Egli (Odhinn), mago supremo, è l'eccellente fra tutti, modello a cui ogni re e condottiero deve ispirarsi. Le sue precipue qualità e le arti che insegna agli uomini sono quelle proprie del dio della magia e del diritto, che qui ha assunto le funzioni di mago e giurista. Come mago egli è padrone dei canti, i canti poetici (ljodh), nati per l'ispirazione che egli stesso largisce e i canti magici (galdrar) corrispettivi ad ogni entità di cui riproducono il ritmo specifico. La sua voce incanta, il suo discorso contiene le pure verità. Ma se agli amici è fausto, tremendo diventa per i nemici, stringendoli nella morsa del terrore. Gianna Chiesa Isnardi, Introduzione alla Ynglinga saga (illustrazione di: Johan Egerkrans)

Sigurdr e Fafnir

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  Quando il serpente venne strisciando verso l'acqua ci fu un grande terremoto, tale da far tremare tutta la terra nelle vicinanze. Sputò veleno tutto intorno davanti a sé, ma Sigurdr non ebbe paura né temette quel fracasso. Quando il serpente strisciò sulla fossa, Sigurdr gli affondò la spada sotto la spalla sinistra, tanto a fondo che ne spuntava solo l'elsa. Quindi Sigurdr balzò su dalla fossa e tirò a sé la spada e si imbrattò tutte le braccia di sangue sino alle spalle. E quando il grande serpente avvertì la sua ferita mortale, dimenò la testa e la coda così che tutto quello che gli era davanti andò in pezzi. Volsunga saga 18

Il cavallo di Troia

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  In genere però si è sottovalutata l'importanza dell'aspetto religioso e magico che circonda l'intera vicenda del cavallo, dalla sua costruzione alla distruzione del muro della città: si pensi all'ascia che veniva conservata nel tempio di Atena ad Eilenia, alla proposta dei Troiani di distruggere il cavallo di legno con gli stessi metodi dei sacrifici dei cavalli, alla Cordax, al significato simbolico dei legni usati, alla tempesta connessa al completamento del cavallo. Il cavallo di legno doveva quindi danneggiare con mezzi soprannaturali le difese magiche di Troia: il muro aveva infatti un nome speciale, ieron kredemnon, il sacro velo, velo o sigillo, sigillo magico che circondava la città e che doveva essere sciolto, violato o neutralizzato per rendere possibile l'attacco e la sua espugnazione. Arcana Urbis, Marco Baistrocchi

Baldr

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  Rispose Hár: “Il secondo figlio di Óðinn è Baldr, e di lui si deve davvero parlar bene. È il più buono e tutti lo elogiano. È così bello d'aspetto, e così lucente, da irradiare splendore. C'è un fiore così bianco da essere paragonato alle sopracciglia di Baldr. Esso è fra tutti i fiori il più candido e da questo puoi intuire la bellezza di Baldr, sia dei capelli che del sembiante. Egli è il più saggio degli Æsir, il più raffinato nel parlare e il più gentile. Possiede questa virtù naturale: che nessuno può opporsi al suo giudizio. Egli abita a Breiðablik, che si trova in cielo. In quel posto non può esistere nulla di impuro, come qui si dice: Breiðablik si chiama là dove Baldr ha per sé innalzato una corte. In quella terra dove io so che si trovano poche rune funeste. Snorri Sturluson, Gylfaginning 22

Volsunga saga

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  Si dice poi che la sera, quando gli uomini si sedettero accanto ai fuochi, entrò nella sala un uomo. Dall'aspetto quell'uomo sembrava uno straniero. Con la spada in mano e un largo cappello in testa andò verso Barnstokkr. Aveva molti capelli bianchi e un occhio solo. Egli brandì la spada e la conficcò nel tronco dell'albero così da farla affondare fino alla parte anteriore dell'elsa. Allora egli prende la parola e dice: "Chi tirerà fuori questa spada dal tronco, la riceverà da me in dono e proverà lui stesso che non ha mai avuto tra le sue mani una spada migliore di questa". Volsunga saga, 3

Waltari, Audoin e Alboin

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  Waltari, dopo aver tenuto il regno per sette anni, fu sottratto a questa luce. Dopo di lui Audoin fu il nono a conquistare il regno. Egli non molto tempo dopo condusse i Longobardi in Pannonia. L'ostilità che Gepidi e Longobardi avevano concepita viene infine alla luce e dall'una e dall'altra parte si prepara la guerra. Attaccata dunque battaglia, mentre entrambi gli eserciti si battevano accanitamente e nessuno cedeva all'altro, capitò che si facessero incontro, nel mezzo della  mischia, Alboin, figlio di Audoin, e Turismond, figlio di Thurisind. Alboin, colpendolo con la spada, lo sbalzò di cavallo e l'uccise. I Gepidi, visto morto il figlio del re, dal quale in gran parte era sostenuta la guerra, persisi d'animo si danno alla fuga. I Longobardi, inseguendoli con accanimento, li sbaragliano. Paolo Diacono, Historia Langobardorum, Libro I, 22-23 (Immagine: Angus McBride)

L'oracolo delfico

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  L'oracolo delfico appartenne dapprima alla Madre Terra, che nominò Dafni sua profetessa; e Dafni, seduta su un tripode, inspirava i sacri fumi profetici, come tuttora fa la sacerdotessa pitica. Taluni dicono che la Madre Terra più tardi cedette i suoi diritti alla Titanessa Febe o Temi; e che costei li cedette ad Apollo, il quale si costruì un santuario di rami d'alloro portati da Tempe. Ma altri sostengono che Apollo si impadronì con la forza dell'oracolo della Madre Terra dopo aver ucciso Pitone, e che i suoi sacerdoti iperborei Pagaso e Auguieo stabilirono colà il suo culto. Robert Graves, I miti greci

Veit ek, at ek hekk

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  Veit ek, at ek hekk vindgameiði á nætr allar níu, geiri undaðr ok gefinn Óðni, sjalfur sjalfum mér, á þeim meiði er manngi veit hvers af rótum renn.  Lo so io, fui appeso al tronco sferzato dal vento per nove intere notti, ferito di lancia e consegnato a Óðinn, io stesso a me stesso, su quell'albero che nessuno sa dove dalle radici s'innalzi.  Við hleifi mik sældu né við hornigi, nýsta ek niðr, nam ek upp rúnar, æpandi nam, fell ek aftr þaðan.  Con pane non mi saziarono né con corni [mi dissetarono]. Guardai in basso, feci salire le rune, chiamandole lo feci, e caddi di là.   Fimbulljóð níu nam ek af inum frægja syni Bolþorns, Bestlu foður, ok ek drykk of gat ins dýra mjaðar, ausin Óðreri.  Nove terribili incantesimi ricevetti dall'illustre figlio di Bolþorn, padre di Bestla, e un sorso ottenni del prezioso idromele attinto da Óðrørir.  Þá nam ek frævask ok fróðr vera ok vaxa ok vel hafask, orð mér af orði orðs leitaði, verk mér af verki verks leitaði.  Ecco io presi a fi

Geberich ed Ermanaric

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  Così, quando il re dei Goti Geberich abbandonò questo mondo, dopo qualche tempo, Ermanaric, il più nobile fra gli Amali, gli succedette al trono. Egli sottomise molte popolazioni del nord note per la loro particolare attitudine alla guerra e le costrinse a rispettare le sue leggi. A buon diritto molti antichi autori lo equipararono ad Alessandro Magno. Iordanes, Storia dei Goti 23

Il bosco sacro

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  Secondo una credenza diffusa tra tutte le tribù germaniche il bosco è luogo sacro in cui dimorano e si manifestano le potenze sovrannaturali. Per questo i rituali dei Germani ebbero luogo nei boschetti sacri, prima che nei templi. La diffusione del concetto del bosco come luogo sacro e sede di sacrificio è testimoniata inoltre dai numerosi toponimi i cui compare il termine per ‹‹bosco››: soprattutto lundr (m.), ma talora anche viðr (m.). In molti di essi è facilmente riconoscibile il nome d’una divinità che in quel luogo doveva essere adorata. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici 

Týr

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  Disse Hár: “Vi è ancora quell'áss chiamato Týr. Egli è il più ardito e coraggioso e possiede il grande potere di ottenere la vittoria in battaglia. A lui è bene che si rivolgano i guerrieri. C'è un detto secondo cui viene chiamato týrhraustr colui che si mostra superiore agli altri uomini e non teme nulla. Egli è anche sapiente, difatti è detto týspakr chi si rivela essere il più saggio. Questa fu una prova del suo coraggio: quando gli Æsir persuasero il lupo Fenrir a farsi legare con il laccio Gleipnir, l'animale non si fidò [della promessa] che poi lo avrebbero liberato, finché Týr non gli mise la mano in bocca come pegno. Quando però gli Æsir decisero di non liberare il lupo, questi strappò con un morso la mano nel punto che ora è detto úlfliðr. Per questo Týr ha una mano sola e non può certo dirsi un riconciliatore per gli uomini. Snorri Sturluson, Gylfaginning 25

Giove

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  Giove, il dio del cielo e della luce, è la divinità principale anche presso gli Italici, come presso i Greci e i Latini. L'antichità del nome, connesso col concetto di luminoso, di celeste, con la forma fondamentale che indica la divinità per se stessa (DEIWOS, in latino deus, in lituano dievas, in sanscrito devas) è manifesta. Giacomo Devoto, Gli antichi Italici

Così il mito delle origini

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  Così il mito delle origini racconta la nascita del popolo longobardo. I guerrieri dalla lunga barba ricevono il loro nuovo nome da Odino, e questa per loro è come una seconda nascita. Il dio, che fra i suoi molti nomi aveva anche quello di Lungabarba, li adotta e diventa il loro antenato originario. I longobardi sono il popolo dei figli di Odino; sono i suoi adoratori, riconoscibili dalle loro particolari acconciature,  appunto "odiniche": i capelli molto lunghi, rasi sulla nuca, e divisi da una scriminatura centrale, che venivano pettinati  ai lati del viso, in modo da confondersi con la barba. I Longobardi, Stefano Gasparri

Odhinn aveva in battaglia

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  Odhinn aveva in battaglia il potere di accecare, assordare o atterrire i nemici, di rendere le loro armi inette a ferire come semplici ramoscelli. I suoi uomini invece avanzavano senza corazza invasi dalla furia come lupi o cani: mordevano nei loro scudi, erano forti come orsi o tori, sterminavano folle intere. Né il ferro né il fuoco li potevano fermare, e questa è detta "furia dei berserkir". Ynglinga saga, Snorri Sturluson

Þaðan koma meyiar

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  Þaðan koma meyiar margs vitandi þríar ór þeim sæ, es und þolli stendr; Urð hétu eina, aðra Verðandi, skáru á skíði, Skuld ena þriðju. Þær log logðu, þær líf koru, alda bornum, orlog seggja.  Da quel luogo vengono fanciulle di molta saggezza, tre, da quelle acque che sotto l'albero si stendono. Ha nome Urðr la prima, Verðandi l'altra (sopra una tavola incidono rune), Skuld quella ch'è terza. Queste decidono la legge, queste scelgono la vita per i viventi nati, le sorti degli uomini. Edda, Voluspá, 20

Freyja

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  Freyja. Appartenente alla stirpe dei Vani, fu assunta con pari dignità fra gli Asi ai quali per prima insegnò la magia. Freyja è figlia di Njörðr, sorella di Freyr, moglie di Óðr, madre di due fanciulle, Hnoss e Gersimi. La sua dimora si chiama Folkvangr "campo del popolo", "campo di battaglia". Là ella sceglie ogni giorno la metà dei caduti in battaglia (ché l'altra metà spetta a Odino). Alla connessione alla battaglia è dovuto, verosimilmente, il fatto che ella possiede un travestimento da falco. La sua sala è detta Sessrumnir "spazio per i sedili" (con allusione a una nave?). Il suo nome significa "signora". Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici

L'ampio carro della donazione

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  L'ampio carro della donazione  è stato aggiogato: su di esso sono saliti gli Dèi immortali.  Ecco, è sorta dal buio la nobile signora, l'immensa che si prende cura degli insediamenti degli uomini. Si è risvegliata la vittoriosa che precede ogni creazione, la maestosa Dea che ottiene il premio della vittoria. Lassù in alto la giovane, nata di nuovo, volge intorno il suo sguardo: Usas è giunta per prima alla preghiera mattutina. Rgveda, Libro I, Inno 123, 1-2

Frigg

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  Frigg. È la sposa di Odino, figlia (o amata?) di Fjörgynn, madre di Baldr. È definita da Snorri dea suprema e di lei è detto che prende parte alle decisioni del marito e ne condivide il trono. Risiede in Fensalir "dimora paludosa" o "sala delle profondità marine". Possiede uno scrigno e preziosi calzari dei quali ha cura l'ancella Fulla. Al suo rango è forse dovuta la conoscenza del destino: è detto tuttavia che ella non profeteggia. All'essere sposa del dio della guerra è dovuto invece verosimilmente il fatto che ella possiede un travestimento da falco. Gianna Chiesa Isnardi, I miti nordici